Alghe e granchi, una nuova frontiera per il packaging sostenibile

Secondo una ricerca della North Carolina State University, sostenuta dalla National Science Foundation, i materiali derivati da crostacei e alghe marine potrebbero rappresentare un valido sostituto della plastica. Combinando infatti il chitosano, un polisaccaride ottenuto dall'esoscheletro dei crostacei, con l'agarosio, un estratto dalle alghe marine, è possibile ottenere un biopolimero trasparente a elevata resistenza, utilizzabile come rivestimento per i prodotti alimentari e i beni di largo consumo. Queste pellicole risultano anche biodegradabili, antibatteriche e impermeabili.

Orlin Velev, S. Frank e Doris Culberson Distinguished, professore di ingegneria chimica e biomolecolare presso la North Carolina State University, si è chiesto:

Come possiamo modificare la struttura di questi polimeri naturali (agarosio e chitosano) in modo da ottenere tutte le proprietà dei polimeri sintetici in un film sostenibile e biodegradabile? Potrebbe non essere sufficiente mescolare chitosano e agarosio.

In effetti i precedenti tentativi avevano prodotto delle miscele in grado di realizzare film granulosi e poco resistenti. Per migliorare il risultato di questa combinazione, Velev e i suoi collaboratori hanno deciso di rinforzare le pellicole di agarosio con materiale colloidale fibrillato ottenuto dal chitosano. Le forti fibrille di chitosano su scala micro e nanometrica forniscono forza e stabilità al film di agarosio in cui vengono incorporate.

Yosra Kotb, dottoranda della North Carolina State University e prima autrice della ricerca ha dichiarato:

È difficile modificare chimicamente i polimeri naturali, ma possiamo alterarne la morfologia e usarli come compositi. Usiamo particelle dendritiche di chitosano per rinforzare la matrice di agarosio, grazie alla compatibilità di entrambi i materiali che porta a buone proprietà meccaniche; le particelle di chitosano hanno anche una carica opposta a quella dell'agarosio. Quando vengono mescolate, queste cariche si neutralizzano e i materiali diventano più resistenti all'acqua.

Come dimostra la ricerca, i compositi di biopolimeri sono circa quattro volte più resistenti delle sole pellicole in agarosio risultando, nel contempo, più sostenibili rispetto ai polimeri tradizionali. A dimostrazione di questo aspetto, sono stati messi sottoterra per un mese due film, rispettivamente in compositi di biopolimeri e in plastica. Una volta recuperati, il primo si è notevolmente degradato mentre il secondo è rimasto intatto. Grazie a questo risultato è interessante notare che il composito di biopolimeri, anche se antibatterico, è composto da materiali naturali che in breve tempo e sottoterra vengono ricolonizzati dai batteri permettendo una più facile biodegrazione.