Da sostanza nociva per l’ambiente a risorsa per i settori chimico e dei trasporti, la CO2 così recuperata potrebbe diventare economicamente interessante.
Peter Edwards, in passato capo dipartimento di chimica inorganica all’Università di Oxford, ritiene che i gas serra possano essere recuperati per sfruttarne le potenzialità in vari settori produttivi e mitigare così l’effetto dannoso della CO2 sul clima. Ipotesi mai testata a livello industriale ma sicuramente interessante in quanto riuscirebbe a trasformare la CO2 da rifiuto a risorsa preziosa.
Sebbene scientificamente realizzabile, l’ipotesi incontra un probabile limite nel bilancio energetico dell’operazione: scindere la molecola dell’anidride carbonica, la più stabile fra i composti del carbonio, potrebbe riportare un bilancio energetico sfavorevole in quanto la scissione dei legami richiederebbe un quantitativo di energia che renderebbe l’operazione non conveniente sotto il profilo economico.
La scienza non si dà per vinta, esistono percorsi di reazione per spezzare i legami molecolari che impiegano minor energia, come quello dei catalizzatori. Sono due e team di ricerca che si cimentano nella conversione della CO2 in risorsa utile tramite catalizzatori: l’Università di Oxford, capitanata dai ricercatori di Edwards e gli scienziati del Korea Advanced Institute of Science & Technology. Dei due approcci, il primo ha sviluppato un protocollo che converte l’anidride carbonica direttamente in carburante per l’aviazione tramite catalizzatori a base di ferro, manganese e potassio, con il cosiddetto metodo della combustione organica. La rivista Nature ha diffuso i risultati dello studio che arrivano a convertire circa il 40% della CO2, producendo idrocarburi C8-C16 adatti per l’aviazione e una miscela di olefine leggere, che trovano applicazioni nel settore industriale.
I coreani hanno invece utilizzato un catalizzatore composto da nichel, magnesio e molibdeno, che converte dell’anidride carbonica in idrogeno, usando un metodo chiamato reforming a secco. In questo caso è la rivista Science che pubblica i risultati, evidenziando come il processo di conversione crei una miscela di idrogeno e monossido di carbonio, che possono a loro volta essere trasformati in combustibili liquidi, materie plastiche e prodotti farmaceutici. Secondo gli addetti ai lavori, il processo inventato dagli scienziati coreani è molto più efficace e stabile di quello utilizzato finora, che richiede metalli rari e costosi come il platino e il rodio.
Ulteriore filone anch’esso di indubbio interesse, è quello che punta a trasformare la CO2 in materie plastiche. Questa volta sono i ricercatori tedeschi del Fraunhofer Igb di Stuttgart che hanno sfruttato una combinazione di chimica catalitica e biotecnologie per sintetizzare polimeri dalla CO2. Il processo è stato sviluppato nell’ambito di due progetti, Evobio e ShaPID, e utilizza la CO2 come materia prima trasformata in metanolo e acido formico, convertiti a loro volta tramite microrganismi. Il risultato finale sono acidi organici, utilizzati poi come elementi costitutivi per i polimeri o aminoacidi per produrre integratori alimentari o mangimi per animali. Tale processo è meno energivoro e privo di solventi tossici, che talvolta sono previsti da alcuni processi chimici convenzionali. Il processo che va sotto il nome di “ingegneria metabolica” sfrutta l’introduzione di batteri che agiscono nel metabolismo del microrganismo stimolando la produzione di polimeri specifici. Tuttavia, spiegano i ricercatori del Fraunhofer, per individuare applicazioni industriali che giustifichino investimenti dedicati, i tempi potrebbero essere ancora lunghi, vicini al decennio, nonostante il bisogno impellente di trovare soluzioni sostenibili ai gas serra in crescita.